Il CRM – cause related marketing è una strategia che nel corso del tempo si è evoluta in modo sempre più definito nell’ambito del Green Marketing. In questo articolo spiegheremo il significato di cause related marketing partendo da una definizione di massima. Approfondiremo poi il tema soffermandoci sui diversi tipi di cause related marketing e sulle strategie e gli strumenti operativi collegati. Infine, presenteremo alcuni esempi in Italia e all’estero.

1. Cause related marketing: definizione

Il cause related marketing, analogamente al green marketing è una strategia che oltre a perseguire obiettivi di business mira ad avere un impatto positivo sulla società. Le prime manifestazioni del fenomeno risalgono alla prima metà del 20esimo secolo, anche se il termine “cause related marketing” è stato coniato solo negli anni ’70.

Una delle prime iniziative riconosciute che hanno anticipato il CRM è la partnership del 1945 tra la marca di caffè MJB e l’ente March of Dimes, l’organizzazione fondata dal presidente Frankloin Delano Roosvelt per combattere la poliomelite. Un’altro esempio è la partnership tra American Express e l’organizzazione no profit per la conservazione storica, il National Trust for Historic Preservation. Nel 1983 American Express ha donato una piccola percentuale degli acquisti effettuati utilizzando le sue carte di credito a favore di progetti di conservazione storica.

Partendo da una definizione chiara e condivisa da diverse fonti autorevoli, possiamo dire che il cause related marketing (CRM) è  una strategia di marketing che prevede la collaborazione tra un’azienda e un’organizzazione non profit. Ecco, in sintesi, le sue caratteristiche principali:

  • Obiettivi etici e business. Il CRM – Cause Related Marketing è definito come qualsiasi azione o investimento condotto da un’azienda con l’obiettivo di incrementare le vendite, sostenendo le attività di una o più organizzazioni non profit. A proporre questa definizione sono in particolare Philip Kotler e Alan Andreasen nell’opera “Strategic marketing for nonprofit organizations” (edizione del 1998).
  • Relazione tra le parti. Una definizione di poco successiva è quella proposta da Bill Goodwill nel 1999. Lo studioso si focalizza sul rapporto di reciproco beneficio per le parti coinvolte e spiega come l’accordo tra un’organizzazione profit, come appunto un’impresa, e una non profit nell’ambito del cause related marketing sia finalizzato a massimizzare i vantaggi per entrambe le parti, in una logica win – win.
  • Coerenza con i valori del brand. Di solito un’impresa che vuole impegnarsi nel cause related marketing sceglie le organizzazioni o i progetti da sostenere in base ai propri valori aziendali di riferimento. Ad esempio, un’impresa che opera nel settore della produzione o della distribuzione alimentare, come Coop o Barilla, potrebbe sostenere organizzazioni che propongono progetti di educazione alimentare nelle scuole o sul territorio.
  • CRM come evoluzione della Corporate Social Responsibility. Possiamo considerare il cause related marketing come un’evoluzione operativa della CSR – Corporate Social Responsibility. Infatti, entrambe le strategie promuovono comportamenti responsabili, etici e sostenibili da parte delle imprese. Tuttavia, mentre la CSR è più ampia e considera l’impatto complessivo dell’azienda sulla società, il CRM è più specifico e orientato a campagne o progetti mirati e, di solito, delimitati nel tempo.

Allo stesso modo, il CRM è collegato in qualche misura al brand activism: anche in questo caso, tuttavia, ci sono delle distinzioni da fare. Il brand activism, infatti comprende progetti e investimenti con obiettivi sociali e ambientali per cui un’azienda si impegna in prima persona. Diversamente, come abbiamo visto cercando di dare una definizione del fenomeno, il cause related marketing sostiene le iniziative di un’organizzazione non profit terza con sul un’impresa decide di collaborare.

2. Come funziona il cause related marketing

Il Cause Related Marketing assume diverse forme e si adatta agli obiettivi specifici delle aziende e alla loro organizzazione, anche in tema di governance, promozione del marchio, gestione delle partnership esterne. I principali tipi (o, se preferite, modelli) di CRM sono i seguenti:

  • Promozione basata sull’acquisto. In questa strategia, l’impresa impegna una percentuale delle vendite di un prodotto specifico a favore di una causa particolare. Il consumatore, acquistando il prodotto, contribuisce automaticamente al sostegno della causa.
  • Promozione congiunta. L’impresa accetta di mettere a disposizione un dato prodotto per trasmettere il messaggio principale collegato alla causa sostenuta dall’organizzazione non profit. In una collaborazione di questo tipo, dunque, la società non appoggia la causa con un contributo economico diretto, ma aiuta a veicolare il messaggio e a far conoscere la raccolta fondi.
  • Concessione del marchio. In questo caso è l’organizzazione no profit che autorizza l’azienda a utilizzare il proprio marchio, dietro compenso, per comunicare il valore di un prodotto o di una linea di prodotti.
  • Fund raising congiunto. Si tratta di una situazione in cui l’impresa e l’organizzazione non profit collaborano per organizzare eventi o campagne di raccolta fondi. Entrambe le parti, dunque, contribuiscono alle attività di fund raising, generando effetti benefici e misurabili, anche economicamente.

Tutti i diversi tipi di cause related marketing possono utilizzare strategie, canali e strumenti di comunicazione ad hoc per rafforzare i risultati conseguibili. Ad esempio, un’impresa impegnata nel CRM può investire in campagne di adv sui social media, azioni di influencer marketing, organizzazione di eventi aziendali a tema riservati o aperti al pubblico, strategie di adv che utilizzano il packaging in modo creativo

Ovviamente, i risultati del cause related marketing devono essere misurabili, comunicati con trasparenza e verificabili. In particolare, misurabilità e verificabilità dei dati sono importantissime per dimostrare l’impatto effettivo delle iniziative ed evitare il rischio di greenwashing, un’accusa che potrebbe danneggiare sia l’azienda coinvolta che l’organizzazione no profit partner, minandone reputazione e credibilità.

3. Esempi e casi di studio

Ma perché un’azienda dovrebbe decidere di investire nel cause related marketing? Ecco alcuni ottimi motivi:

  1. Migliorare la brand reputation. L’associazione con cause sociali o ambientali migliora la reputazione dell’azienda, facendola percepire dal proprio pubblico come un attore consapevole e responsabile.
  2. Coinvolgere e fidelizzare il Cliente. Il CRM crea un legame emotivo con i clienti: essi, infatti, si identificano più facilmente con un’azienda che supporta cause sociali ed etiche di cui condividono i valori.
  3. Differenziarsi sul mercato. Soprattutto in mercati saturi o molto competitivi, impegnarsi nel cause related marketing permette di differenziarsi dai propri concorrenti. In più, attira i consumatori che scelgono di dare la preferenza ai prodotti o ai servizi di marchi con una visione sociale.
  4. Incremento delle vendite. Il punto precedente, naturalmente, è direttamente collegato ad un incremento delle vendite.

Di fatto, sono molte le imprese che, in Italia e all’estero, hanno deciso di impegnarsi nel cause related marketing. Ad esempio, lo ha fatto Starbucks, qualche anno fa, con la campagna #WhatsYourName. I dati delle ricerche prese in esame dall’azienda hanno evidenziato che solo lo 0,3% degli spot televisivi coinvolge una persona transgender, nonostante la comunità transgender costituisca circa l’1% della popolazione. Sulla base di questo dato, Starbucks ha lanciato nel 2020 la campagna #WhatsYourName, che racconta il percorso di un giovane transgender nel cambiare il proprio nome.

Lo spot, che è stato insignito del premio Diversity in Advertising Award di Channel 4, in Gran Bretagna  racconta la storia di James, che non si identifica con il suo nome di nascita, Jemma. Attingendo all’esperienza reale di Starbucks, dove i baristi chiedono ai clienti il loro nome per personalizzare i bicchieri serviti, l’azienda ha creato una pubblicità in cui alla fine James si vede accettato nella sua nuova identità.

Per la campagna, Starbucks ha collaborato con Mermaid, un’organizzazione di beneficenza che sostiene bambini, giovani e famiglie di identità di genere diverse. Il gigante del caffè si è impegnato a donare almeno 100mila sterline a Mermaid, attraverso la vendita di una versione speciale del biscotto a forma di sirena nei suoi negozi. In questo caso, valori del brand, brand identity e sostegno alla causa benefica hanno trovato la quadra perfetta.

Un secondo esempio, che risale a quest’estate (luglio 2023) è quello che vede la collaborazione tra EasyJet e UNICEF. La compagnia aerea europea ha lanciato una raccolta fondi a bordo, nell’ambito del progetto Change for Good, a sostegno dell’appello di UNICEF ad aiutare bambini e famiglie colpiti dalla guerra in Ucraina.

I fondi raccolti consentiranno all’UNICEF di fornire servizi quali forniture di acqua pulita, prodotti igienico-sanitari, assistenza medica, iniziative di istruzione, supporto psicologico e sociale e assistenza finanziaria d’emergenza. Le raccolte a bordo durante i voli sono gestite dall’equipaggio di cabina e i passeggeri possono effettuare donazioni in qualsiasi valuta.  La partnership Change for Good tra EasyJet e UNICEF ha raggiunto nel 2023 i10 anni di collaborazione, durante i quali sono stati raccolti 15 milioni di sterline grazie alle donazioni a bordo.

Tra gli esempi italiani, citiamo invece la collaborazione tra Coop Italia e il Fondo Ambiente Italiano (FAI) per preservare e valorizzare il patrimonio artistico e naturale del paese. In una prima iniziativa di Cause Related Marketing, qualche anno fa, Coop ha destinato parte delle vendite di prodotti selezionati a sostegno dei progetti FAI, coinvolgendo i consumatori nella conservazione del patrimonio italiano.

La partnership è continuata nel tempo, anche recentemente. Nel 2023, ad esempio, soci e clienti Coop hanno potuto scegliere di sostenere economicamente il FAI grazie alla Card “FAI per l’Italia“, destinando all’ente una donazione del valore di 5 euro o di 500 punti Socio Coop. Nei mesi estivi, sempre lo scorso anno, Coop Italia e FAI hanno realizzato una campagna che ha coinvolto tre influencer Instagram per far scoprire ai giovani le bellezze del patrimonio italiano.

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