Brand activism: ossia, quando le aziende prendono posizione. A usare per primo il termine è stato l’esperto mondiale di marketing Philip Kotler per proporre un approccio strategico che traduca la vision e lo scopo delle imprese in attività concrete.

Ne parliamo in questo articolo, spiegando l’origine del tema e i vantaggi per le aziende che decidono di portare avanti strategie, investimenti e azioni di brand activism.

Brand activism: cos’è secondo Kotler

Per essere precisi, il concetto di brand activism è stato proposto da Kotler nel 2019. Il suo libro “Brand Activism, dal purpose all’azione” sottolinea la necessità per le aziende di dare attuazione concreta alla loro visione, sostenendo cause sociali ed ambientali.

Per dirla con le parole dell’autore, si tratta di passare dall’enunciazione di uno scopo aziendale alla sua attuazione concreta. Approfondendo ancora, infatti, possiamo definire il brand activism come una strategia di marketing che:

  • ha l’obiettivo di aumentare la consapevolezza e l’impegno sociali e ambientali di un’impresa.
  • porta l’azienda a sviluppare piani di azione concreti e a sostenere iniziative coerenti con i suoi valori. Tra queste, ad esempio, sponsorizzazione di eventi, campagne di sensibilizzazione (anche quando si tratta di campagne pubblicitarie), collaborazioni con organizzazioni della società civile ed enti no profit.
  • coinvolge tutti gli stakeholder dell’azienda: collaboratori, fornitori, partner di business e, naturalmente, clienti.

Abbiamo parlato più volte di esempi di aziende attive in progetti e iniziative di impegno sociale e ambientale. In effetti, il concetto stesso di Green Marketing riguarda gli investimenti e le azioni delle imprese in tali ambiti. Da questo punto di vista, possiamo dire che il Green marketing stesso è una forma di brand activism.

Se il brand activism è una strategia di marketing, va da sé che deve portare benefici alle aziende. Li esamineremo meglio nel prossimo paragrafo, ma citiamo già i principali individuati da Kotler:

  • Rafforzamento dell’identità di brand e miglioramento della reputazione, anche nell’ambito di un percorso di rebranding;
  • Aumento della fiducia dei consumatori e incremento delle vendite;
  • Fidelizzazione del cliente.

In questa analisi un elemento fondamentale è dato dal fatto che, come afferma ancora Kotler, “Le persone sono razionali solo al 5% quando prendono le loro decisioni”, incluse le decisioni di acquisto. Di conseguenza, oltre alle scelte fatte sulla spinta della necessità di soddisfare i bisogni, risolvere i problemi, esaudire i desideri, assumono importanza anche le scelte basate sui valori.

Una ricerca recente promossa da Ipsos e ripetuta a intervalli regolari ogni tre anni rivela che nel 2021:

  • Il 65% degli intervistati ritiene giusto che i brand più noti prendano posizione sui grandi temi legati all’ambiente e al sociale.
  • L’83% pensa che un’azienda davvero etica debba pensare prima di tutto al benessere dei propri collaboratori;
  • Il 56% si aspetta che anche l’impresa in cui lavora attui iniziative rivolte al sociale, all’ambiente e alla comunità

Considerazioni dello stesso genere si rispecchiano nelle abitudini di acquisto. Secondo una ricerca di Oracle che ha coinvolto oltre 11mila persone in tutto il mondo, ad esempio, l’85% degli intervistati è pronto a pagare di più per acquistare prodotti e servizi più green.

I vantaggi per le aziende

Quali sono i maggior benefici del brand activism per le imprese che decidono di adottarlo come impegno su cui investire e come strategia di marketing? Ne abbiamo individuati tre principali.

Iniziamo con il consolidamento della brand awareness, ossia con l’aumento della notorietà del brand tra i consumatori.  Quando un’azienda si schiera a supporto una causa sociale o ambientale, la sua attività viene notata e la sua immagine viene immediatamente associata al tema. Questo può aiutare a creare una maggiore consapevolezza del brand, aumentando il numero di persone che lo conoscono e, di conseguenza, il numero di potenziali clienti.

Un’azienda che porta avanti una strategia di brand activism, poi, la supporta con azioni di comunicazione mirate: piani editoriali sui social media, campagne che veicolano i valori della causa che il brand appoggia, video trasmessi sulle piattaforme online e sui media generalisti o specifici. Di conseguenza, informazioni, notizie e contenuti raggiungono un pubblico ancora più vasto, anche grazie alla condivisione degli utenti: questo rafforza ulteriormente l’effetto di brand awareness.

Un secondo vantaggio riguarda la fidelizzazione dei clienti. Come abbiamo già detto, le persone sono sempre più inclini ad acquistare i prodotti e i servizi delle aziende e che si impegnano per l’ambiente, le persone e al comunità o a sviluppare business con loro, nel caso di partner e investitori. Non solo, ma se l’impresa dimostra anche nel medio – lungo periodo la coerenza tra la propria azione di brand activism e i valori dell’impresa, i consumatori e gli altri stakeholder la premiano, dando continuità alla relazione di fiducia e continuando ad acquistare o a sviluppare iniziative e progetti.

Questo ci porta a parlare del terzo vantaggio del brand activism per le imprese: l’identificazione tra i consumatori e il marchio. Quando un’azienda sostiene una causa sociale, etica o ambientale, molti dei clienti effettivi o potenziali condivideranno tale impegno: l’effetto è ancora una volta quello di creare un legame più forte e duraturo con il brand. Anche al di là delle motivazioni razionali di scelta e di acquisto, come afferma Kotler per primo.

Se però l’azione delle aziende o l’investimento nel brand activism, però, appare poco trasparente, superficiale o non coerente, si corre il rischio di deludere le aspettative dei consumatori. I benefici acquisiti, di conseguenza, rischiano di venir meno, con effetti negativi su:

  • Reputazione aziendale;
  • Vendite, fatturato e performance economiche;
  • Valore percepito dell’impresa da parte di potenziali dipendenti o collaboratori, con un effetto negativo sull’employer branding.

Si tratta casi abbastanza frequenti: ad esempio, quando si parla di greenwashing. Recuperare un deficit di credibilità del genere, però, è faticoso per le imprese e richiede investimenti ingenti e impegno di risorse economiche, organizzative e comunicative.

Esempi di brand activism

Negli ultimi dieci o quindici anni, anche prima che il termine brand activism venisse effettivamente coniato, moltissime aziende hanno attuato azioni, progetti e campagne di brand activism. Ne abbiamo parlato anche nel nostro blog, quando vi abbiamo presentato esempi di sostenibilità ambientale o buone pratiche di green marketing mix.

Gli esempi di brand activism possono riguardare qualsiasi tipo di impresa e di ambito produttivo. Nel settore della moda sostenibile, ad esempio, l’attivismo di marca, è diventato sempre più diffuso con molte aziende che si impegnano attivamente in cause sociali e ambientali.

Tra queste c’è Patagonia: l’azienda di abbigliamento outdoor, infatti, è stata uno dei primi esempi di brand activism, impegnandosi per la protezione dell’ambiente. Tra i progetti sostenuti, ad esempio:

  • I finanziamenti e le attività di sensibilizzazione per difendere parchi e riserve naturali, come il Parco nazionale di Vjosa in Albania,
  • La difesa delle specie animali in via di estinzione: come i salmoni selvatici, protagonisti di Artifishal un docufilm realizzato grazie al supporto di Patagonia;
  • L’impegno per la corretta informazione ambientale, con sezioni del sito dedicate a dare risposta alle domande di utenti e visitatori sulle cause ambientali che il brand sostiene.
  • L’iniziativa recente  1% for the planet, con cui Patagonia dedica l’1% del fatturato a sostenere progetti sostenibili.

Un altro tra gli esempi di brand activism più noti vede coinvolta Dove. La multinazionale del settore cosmetico è attiva da sempre in progetti che promuovono la diversità e invitano le donne ad accettare il proprio corpo. Tra le campagne più celebri, quella per valorizzare la “Bellezza autentica”: si tratta della campagna “Dove for real beauty“, nata nel 2004 e proseguita per diversi anni.

Oggi invece una delle iniziative di punta del brand sul tema dell’inclusione e della valorizzazione di sé è il Progetto Autostima. L’iniziativa si rivolge ai giovani e alle scuole e finora ha coinvolto più di 82 milioni di ragazzi. L’azienda supporta progetti e iniziative di educazione e mette a disposizione di genitori, famiglie ed educatori risorse per aiutare bambini, ragazzi e giovani a:

  • Costruire e un rapporto sano e corretto con il proprio corpo;
  • Raggiungere una consapevolezza più solida delle proprie risorse, a livello fisico, mentale, relazionale ed emotivo;
  • Far fronte a sollecitazioni esterne che hanno l’obiettivo di minare l’autostima.

Il caso di Dove mostra quanto sia importante la continuità nell’azione dei brand activism: una relazione solida con il cliente basata sulla condivisione di valori, infatti, deve svilupparsi nel tempo attraverso iniziative concrete per rafforzarsi. Un caso analogo, in questo senso, è quello di Coop.

L’azienda italiana del comparto GDO promuove da sempre iniziative per:

  • Favorire scelte e comportamenti più consapevoli in tema di sana alimentazione, spesa sostenibile, protezione del pianeta;
  • Sviluppare una rete di relazioni sul territorio, per promuovere la sostenibilità di filiera e aiutare le piccole produzioni agricole;
  • Sostenere le comunità, attraverso progetti di inclusione sociale, lavorativa e formativa.

Oggi la forma più ampia di questa azione di green marketing e brand activism è il progetto Sostenibilità di Coop Alleanza 3.0 . Tutte le iniziative attuate sono coerenti con gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU per lo sviluppo sostenibile: del progetto e dei suoi effetti parleremo più diffusamente in uno dei prossimi articoli del blog.

Il brand activism, però non è una strategia riservata solo alle grandi multinazionali o ai brand più noti. Al contrario: anche una piccola azienda può impegnarsi a sostegno della comunità in cui opera e dell’ambiente.

I risultati in termini di notorietà e fidelizzazione del cliente arriveranno: anzi, potranno addirittura essere un primo passo per farsi conoscere anche al di fuori del proprio contesto. Un’iniziativa di marketing basata sulla condivisione di valori, infatti, si presta bene ad essere condivisa e diffusa su larga scala.

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