Il 19 settembre 2023 il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione Europeo hanno raggiunto un accordo sulla Green Claim directive, la nuova direttiva UE in materia di greenwashing. La norma ha l’obiettivo di combattere le affermazioni ingannevoli o non fondate da parte delle aziende in tema ambientale.

Per intenderci: sull’etichetta leggi “Ecosostenibile”? Se l’impresa non fornisce i dati necessari a dare prova di questa ecosostenibilità, l’etichetta non è a norma e l’azienda potrà essere sanzionata. Ovviamente, la posta in gioco e l’ambito di applicazione della nuova direttiva UE sono molto ampi: in questo articolo vediamo meglio di cosa si tratta.

Cos’è la nuova direttiva Green Claim 

Partiamo dalla definizione di Green Claims, allora. Si tratta di affermazioni che troviamo su etichette di prodotti, comunicazioni, campagne promozionali che suggeriscono il ridotto impatto ambientale di un prodotto.

Diciamo “suggeriscono” perché non sempre queste affermazioni poggiano su basi verificabili. Spesso il loro obiettivo è quello di strizzare l’occhio ai consumatori, sempre più attratti da prodotti green ed ecosostenibili. Secondo i dati IPSOS 2022, infatti:

  • Il 31% dei consumatori sceglie i prodotti in base alla sostenibilità  piuttosto che in base a stile e design;
  • Quasi il 40% dei giovani tra i 18 e i 24 anni indica nella sostenibilità il promo fattore di scelta per un prodotto;
  • Il 74% degli intervistati, tuttavia, pensa che la comunicazione delle aziende sia poco trasparente, ingannevole o a rischio di greenwashing.

Contro una situazione di questo tipo, a settembre 2023 Parlamento e Consiglio UE hanno trovato un accordo, approvando il testo della Direttiva Green Claim.

La Direttiva in questione intende regolare la materia, permettendo ai consumatori di disporre di informazioni attendibili, complete e confrontabili. L’obiettivo è fornire tutte le indicazioni necessarie per compiere scelte d’acquisto informate. A questo proposito, tuttavia, va precisato che:

  • la Direttiva si applica esclusivamente alle comunicazioni rivolte al consumatore finale (B2C);
  • questa norma si occupa unicamente delle questioni legate alla sostenibilità ambientale, escludendo quindi la sostenibilità sociale ed economica dal suo ambito di azione.
  • la Direttiva regola esclusivamente le dichiarazioni esplicite, cioè quelle in cui il green claim è presentato sotto forma testuale o incluso in un marchio.

Ora servirà il tempo materiale per consentire agli stati membri di recepire e prepararsi ad applicare la norma: l’entrata in vigore operativa è infatti prevista per il primo gennaio 2026.

Cosa prevede la norma

Ma quali sono i green claims che verranno banditi, sulla base delle prescrizioni della normativa? Ecco un elenco, tratto dal comunicato stampa ufficiale del Parlamento Europeo pubblicato il 19 settembre 2023.

  • Affermazioni ambientali generiche. Ad esempio: “ecologico”, “naturale”, “biodegradabile”, “a emissioni zero” o “eco”, senza prova di una performance ambientale rilevante e riconosciuta per l’affermazione;
  • Informazioni basate su schemi di compensazione delle emissioni che definiscono un prodotto come ad impatto neutro, ridotto o positivo sull’ambiente;
  • Etichette di sostenibilità non basate su schemi di certificazione approvati o stabiliti dalle autorità pubbliche;
  • Affermazioni sulla durata in termini di tempo o intensità d’uso in condizioni normali, se non dimostrate;
  • Informazioni che inducono a sostituire i materiali di consumo, come le cartucce di inchiostro per stampanti, prima che sia strettamente necessario;
  • Presentare gli aggiornamenti di software come necessari anche se migliorano solo le caratteristiche di funzionalità;
  • Presentare i beni come riparabili quando non lo sono.

Detto questo, la nuova Direttiva sui Green Claim rivoluziona la situazione finora in vigore: al momento, infatti, le affermazioni ambientali sono basate sia du dichiarazioni certificate che su affermazioni libere auto-certificate o certificate.

Quando la norma avrà piena applicazione, invece, ogni affermazione ambientale dovrà essere analizzata con dati effettivi dall’azienda che intende utilizzarla. In più, un’organizzazione terza accreditata dovrà certificarla. Infine, un documento messo a disposizione dei consumatori dovrà riportare il riassunto dell’analisi e la certificazione collegata, sia in forma fisica che attraverso link, QR code o sistemi analoghi.

Un cambiamento radicale, dunque, paragonabile a quello entrato in vigore a inizio 2023 con le prescrizioni relative all’etichettatura ambientale degli imballaggi. Vediamo, allora, cosa comporterà l’applicazione della direttiva green claim per le imprese.

Gli effetti della nuova direttiva su imprese e greenwashing

Le aziende chiamate ad adeguare le loro pratiche in tema di green claim dovranno rispettare quattro doveri fondamentali:

  • Obbligo di attestazione. Un professionista incaricato dall’azienda dovrà definire con precisione e in modo misurabile l’impatto della prestazione ambientale in tutte le sue componenti. I dati a supporto dovranno essere, per quanto possibile, raccolti direttamente dal professionista e significativi rispetto al ciclo di vita del prodotto. Inoltre, secondo il principio di onestà, non dovranno mettere in evidenza aspetti positivi a scapito di svantaggi ambientali presenti o rilevare il mero rispetto di obblighi di legge vigenti che l’impresa deve rispettare di per sè.
  • Obbligo di comunicazione. Come abbiamo visto, tutte le informazioni relative all’analisi, ai suoi risultati e alle certificazioni da parte di enti terzi dovranno essere messe a disposizione del consumatore. Il documento in questione dovrà essere redatto in forma facilmente comprensibile e nella lingua del consumatore.
  • Obbligo di verifica e certificazione. La direttiva sui Green Claims prevede l’intervento di un certificatore esterno accreditato. Tale soggetto ha il compito di verificare i risultati dell’analisi iniziale e validarli in modo ufficiale con un certificato di conformità riconosciuto.
  • Obbligo di revisione. Periodicamente, l’impresa deve ripetere il processo di analisi, verifica e certificazione con dati aggiornati.

Le autorità competenti degli Stati Membri dovranno eseguire controlli ufficiali sulle dichiarazioni ambientali, con poteri investigativi e di verifica. Le sanzioni per chi viola le norme, stabilite a livello nazionale, dovranno essere:

  • essere efficaci, dissuasive e proporzionate;
  • tenere conto della solidità finanziaria dell’impresa responsabile;
  • considerare la natura e la gravità della violazione, i benefici economici derivanti e il danno ambientale procurato.
Le microimprese, definite come aziende con una forza lavoro inferiore a 10 dipendenti e con un fatturato o bilancio annuo inferiore a 2 milioni di euro, sono escluse dagli obblighi imposti dalla Direttiva.

Per quanto riguarda le Piccole e Medie Imprese (PMI), non è prevista alcuna eccezione o deroga. Tuttavia, gli Stati Membri sono tenuti ad attivare misure specifiche per supportarle nell’applicazione della norma. Ciò include l’obbligo di formulare linee guida adeguate e, se necessario, di prevedere incentivi e supporto tecnico-organizzativo.

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