Cos’è la viticoltura sostenibile e perché sono sempre di più le aziende vitivinicole che la praticano? Alla base c’è la decisione consapevole di chi ha a che fare tutti i giorni con la terra e si rende conto che un uso più sostenibile delle risorse naturali è necessario.

Ad accompagnare questo impegno, però, anche le richieste del mercato, con consumatori sempre più attenti ed esigenti. Ne parliamo in questo articolo.

Cos’è la viticoltura sostenibile

Cominciamo dalla definizione di viticoltura sostenibile: una delle prime adottate è quella proposta dall’OIV – Organizzazione Italiana della Vigna e del Vino. L’ente identifica la viticoltura sostenibile come un approccio globale all’attività di produzione e trasformazione delle uve che:

  • sviluppa attività economiche di lunga durata, considerando sia le singole imprese attive sia il territorio di riferimento;
  • mira a ottenere prodotti di qualità;
  • considera i rischi legati non solo all’impatto ambientale, ma anche alla sicurezza dei prodotti e alla salute dei consumatori;
  • tiene conto degli aspetti storici, culturali, estetici legati alla viticoltura.

Una definizione complessa, ma che ha un merito importante: prende in considerazione diverse dimensioni dell’attività vitivinicola. Come, del resto, accade oggi nel mercato italiano: a confermarlo sono dati provenienti da fonti diverse, che indicano come il vino sostenibile sia ormai una tendenza consolidata:

  • Il rapporto “Agricoltura 100” di Reale Mutua e Confagricoltura, edizione 2022, indica che il 54,8% delle aziende vitivinicole si colloca su un livello alto o medio alto di sostenibilità. Le imprese intervistate sono state oltre duemila, e quasi tutte (il 99,8%) hanno intrapreso nel 2021 almeno un’azione per promuovere la sostenibilità
  • Dal convegno “La sostenibilità può creare un valore aggiunto per il mondo del vino?” organizzato da Gambero Rosso a ottobre 2021 è emerso che il 17% delle imprese vitivinicole italiane aderiscono alla certificazione di sostenibilità Equalitas. Ne parleremo tra poco: per ora sottolineiamo che la certificazione considera gli aspetti ambientali, ma anche sociali, etici ed economici della viticoltura.
  • Un recente rapporto di Nomisma – Valoritalia pubblicato a settembre 2021 indica che il 20% dei consumatori italiani acquista vini che rispondono a criteri di sostenibilità ambientale, sociale e di welfare. In più, la stessa indagine rivela che 9 aziende del settore su 10 hanno intenzione di adottare almeno una certificazione entro il 2023.

Ma quali sono, in dettaglio, gli aspetti da considerare quando si parla di viticoltura sostenibile?

II primo riguarda ovviamente la sostenibilità ambientale. Tra le azioni che le imprese hanno deciso di attivare sul tema ci sono un uso ridotto di pesticidi e fertilizzanti o l’impiego di metodi di coltivazione che rispettino la biodiversità. Ancora, le aziende hanno investito nella diminuzione del consumo d’acqua e di energia, con una conseguente riduzione delle emissioni di CO2.

Anche le considerazioni legate alla tutela dei lavoratori sono uno dei criteri di sostenibilità presi in considerazione dalle imprese. In particolare, le azioni sviluppate riguardano l’equa retribuzione, le condizioni di lavoro e  la tutela della salute.  L’ultimo aspetto è fondamentale, anche per quanto riguarda la protezione e la sicurezza dei consumatori finali.

Altri elementi di sostenibilità sono legati alla maniera in cui le imprese decidono di condurre la loro attività in relazione all’economia del territorio. In particolare, le aziende sostenibili promuovono una crescita economica e che coinvolge la comunità locale, generando occupazione che dura nel tempo.

Viticoltura sostenibile: le certificazioni

In Italia, negli ultimi dieci anni, istituzioni, associazioni e imprese hanno lavorato per promuovere lo sviluppo delle certificazioni di sostenibilità nel settore vitivinicolo.

Al momento le principali certificazioni italiane specifiche legate alla viticoltura sostenibile sono due: VIVA ed Equalitas.

La certificazione VIVA è stata sviluppata nell’ambito del progetto VIVA, avviato nel 2011 dal Ministero per l’Ambiente in collaborazione con alcune università italiane. Le aziende vitivinicole che vogliono certificarsi devono applicare un disciplinare rigoroso che misura le performance di sostenibilità dell’intera filiera, dalla coltivazione della vite alla trasformazione dell’uva in vino. Gli indicatori da considerare riguardano quattro aspetti:

  • Aria: criteri e indicatori che valutano l’impatto che le attività di produzione e trasformazione hanno sul cambiamento climatico;
  • Acqua: indicatori che esprimono l’impatto delle attività aziendali (ma anche di una singola bottiglia) sulle risorse idriche disponibili.
  • Territorio: criterio che analizza le modalità di conduzione agronomica del vigneto, in relazione a suolo e corpi idrici.
  • Vigneto: misura l’impatto della viticoltura sulla comunità locale, sull’ambiente del territorio in cui si trova il vigneto e sulla cultura.

La diagnosi di sostenibilità effettuata e i dati rilevati sono validati da un ente certificatore esterno e confermati dal Ministero dell’Ambiente. In questo modo, si aggiungono trasparenza, tracciabilità e coerenza all’intero sistema.

Una seconda certificazione per la viticoltura sostenibile in Italia è Equalitas, nata nel 2015 su impulso di Federdoc e Unione Italiana Vini e sostenuta da CSQA Certificazioni. In questo caso, si tratta di una valutazione integrata nelle tre dimensioni della sostenibilità:

  • Sostenibilità economica, intesa come creazione di lavoro e reddito;
  • Capacità di avere un impatto ridotto sulle risorse naturali e sulla loro capacità di rigenerarsi;
  • Sostenibilità sociale, considerata come capacità di generare benessere e promuovere una buona qualità di vita, per i dipendenti, la comunità, gli attori di filiera.

L’analisi di sostenibilità, in questo caso, considera le modalità organizzative dell’azienda, l’impatto del prodotto finito, preso singolarmente, la sostenibilità a livello territoriale. Per ciascuna delle tre dimensioni, sono stati definiti indicatori precisi e buone pratiche di riferimento: le aziende devono rispettarne alcune obbligatoriamente, entro il periodo di validità della certificazione, altre invece, di importanza minore, devono essere seguite per il 30% o per il 10%.

Un’ulteriore certificazione è quella legata al Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata, che però si applica a diversi prodotti agricoli e agroalimentari, non solo a uva e vino. Si tratta di uno standard che considera in particolare le relazioni di filiera: l’ente certificatore, DNV, è attivo a livello nazionale e riconosciuto dal Ministero dell’Ambiente.

La novità più importante in ambito certificazione, però, è molto recente. Il 13 aprile 2022, infatti, è stato approvato il disciplinare di certificazione nazionale per la sostenibilità della filiera vitivinicola. Il decreto è il primo passo per integrare i principali sistemi di certificazione esistenti in uno standard unico, per la prima volta in Europa.

Esempi e buone pratiche

Le buone pratiche e i progetti a favore della viticoltura sostenibile si sono moltiplicati nel tempo, da nord a sud.

Alcune iniziative sono coordinate direttamente dalle regioni:  la Regione Toscana e la Regione Emilia Romagna, ad esempio, hanno promosso diversi progetti in tema, finanziati anche da fondi europei. Tra questi, il progetto Life Green Grapes, nato per stimolare le difese della vite dagli agenti esterni con sistemi naturali. La Regione Veneto è sulla stessa lunghezza d’onda, e ha sviluppato il “programma regionale per un settore vitivinicolo sostenibile”.

Proprio dal Veneto arrivano due delle migliori pratiche in tema di viticoltura sostenibile. La prima interessa il Consorzio di Tutela della DOC Prosecco, che collabora da anni con Equalitas per promuovere l’adozione della certificazione tra i consorziati. L’attenzione alla sostenibilità ha portato anche a modificare il disciplinare di produzione adottato, con il divieto di utilizzare tre sostanze ad elevato impatto ambientale: Folpet, Glifosato e Mancozeb.

La seconda buona pratica, invece, riguarda l’azienda “Società Agricola Eredi Scala Ernesto & C”., una cantina di Caorle, in provincia di Venezia. Il report Agricoltura 100, cha abbiamo citato all’inizio, la colloca al primo posto come esempio di sostenibilità tra le aziende. Tra le altre cose, la società veneta ha dato vita ad un laboratorio interno per il controllo della qualità, che monitora anche la sicurezza sul lavoro e l’uso efficiente delle risorse naturali.

Dal Lazio arriva la notizia di un gruppo di piccole cantine locali che puntano sulla produzione ridotta e sulla riscoperta dei vitigni autoctoni. In progetti di questo genere la sostenibilità si declina soprattutto come valorizzazione della tradizione vitivinicola più antica e, in generale, del territorio di riferimento. Affiancate a metodi di coltivazione naturale e produzione senza aggiunta di sostanze chimiche, con fermentazione spontanea da lieviti propri.

Scendendo ancora più a sud, la Sicilia ha promosso una propria certificazione chiamata SOStain. Il disciplinare di riferimento, attivo su tutto il territorio siciliano, identifica dieci requisiti minimi da rispettare. Gestione dei vigneti, rispetto della biodiversità, limiti precisi all’uso di sostanze chimiche nella coltivazione e nella produzione: sono solo alcuni dei criteri per poter ottenere la certificazione.

Far conoscere le buone pratiche di settore è fondamentale per promuoverne la diffusione. A sostenerlo è anche Angelo Frascarelli, Presidente di Ismea – Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo e Agroalimentare. In una recente intervista dedicata proprio al mondo del vino, Frascarelli ha affermato che “La sostenibilità ambientale deve essere raccontata e spiegata”. Proprio per questo le aziende vitivinicole che investono nella sostenibilità considerano a buon diritto la narrazione dei loro progetti come un’asset fondamentale nella loro strategia di green marketing e, più in generale, di marketing nel settore del vino. Certificazioni, riconoscimenti, adesione a disciplinari specifici fanno bella mostra di sé anche nella grafica delle etichette, come biglietto da visita che colpisce subito l’occhio del consumatore.

Spiegare, raccontare, diffondere: azioni fondamentali, soprattutto nei confronti di consumatori sempre più attenti ed informati che scelgono imprese coerenti con i propri valori e capaci di differenziarsi dai competitor. Se vuoi comunicare al meglio ciò che la tua azienda sta facendo in tema di viticoltura sostenibile, compila il modulo qui sotto e contattaci: il team di Green Marketing Italia è pronto ad affiancarti.